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Lana Meets Jazz 2024

Lana Meets Jazz 2024

Courtesy Ewald Kontschieder

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Lana Meets Jazz 2024
Lana (BZ)
11-16.6.2024

Raccontare Lana Meets Jazz soffermandosi solo sugli aspetti musicali, sulle recensioni dei concerti, sarebbe riduttivo. Nelle intenzioni più o meno esplicite degli organizzatori, la sassofonista Helga Plankensteiner e il pianista Michael Losch, questo festival infatti è anche (soprattutto?) un modo per avvicinare i cittadini di questa parte dell'Alto Adige al jazz, di sviluppare e far crescere quel nucleo di appassionati che solitamente chiamiamo la comunità del jazz, la famiglia del jazz.

Vanno dunque letti in questa chiave elementi come l'atmosfera assolutamente informale che si respira al festival, la possibilità per il pubblico di avere accesso diretto, senza filtri, ai musicisti, il coinvolgimento di band provenienti dalle scuole di musica della zona (varie formazioni della scuola di Lana, la big band della scuola Vivaldi di Bolzano), il portare concerti direttamente in una scuola media (la Big Band giovanile dell'Alto Adige), le jam sessions, la celebrazione del quarantennale della Big Band Intica di San Candido. Tutti modi di creare un legame diretto tra chi sta sul palco ed il pubblico, di coinvolgere anche chi ha poca familiarità con il jazz.

E poi ci sono i luoghi in cui si svolgono i concerti. Tutti davvero molto belli (alberghi in montagna, vivai, cortili di castelli, strutture pubbliche che chi non vive in Alto Adige può solo sognare!) e per i quali gli organizzatori trovano sempre il giusto abbinamento con la musica proposta.

In altre parole, Lana Meets Jazz ci sembra rispondere perfettamente alle esigenze di sviluppo culturale di una comunità, ma anche (dato non trascurabile) di chi è alla ricerca di quello che oggi va sotto il nome di turismo esperienziale.

Venendo agli aspetti prettamente musicali, il festival si è aperto con i Saxofour (i sassofonisti Wolfgang Puschnig, Klaus Dickbauer, Florian BRAMBÖCK , Christian Maurer, affiancati da Robert Riegler al basso e Wolfi Rainer alla batteria). Vecchie conoscenze del festival, che hanno dato ampio spazio a quella vena ironica e creativa che da sempre li contraddistingue. Che si tratti di classici come "But Not for Me" , o di composizioni originali come "Rhumbaxion" , il sestetto sembra sempre andare alla ricerca del luogo comune, del cliché musicale, per poi destrutturarlo e dissacrarlo. Con una base ritmica decisamente funk e un atteggiamento scanzonato ma musicalmente rigorosissimo.

Con il pensiero rivolto al batterista Paolo Mappa, scomparso a pochi giorni dal festival cui avrebbe dovuto partecipare, il trio Baritube diretto da Helga Plankensteiner (con Glauco Benedetti alla tuba e Daniele Patton alla batteria) ha proposto una sorta di concerto bonsai (solo tre brani) di ispirazione cameristico—contemporanea, caratterizzato da un fitto dialogo strumentale e da un'intensa e commossa partecipazione

A seguire, il solo della pianista Rita Marcotulli ci ha condotto lungo i percorsi musicali a lei più congeniali, in un concerto quasi interamente improvvisato. Una sorta di lungo medley in cui echi di Pino Daniele si sono accompagnati alle musiche di Armando Trovaioli o dei Coldplay o ad una delicata versione di "The Peacocks." Con una particolare predilezione per le musiche da film e un ampio uso del pedale di risonanza.

In considerazione del luogo in cui si è tenuto il concerto (la residenza per anziani Lorenzerhof), i Revensch di Helga Plankensteiner (con Paolo Trettel alla tromba, Hannes Mock al trombone, Glauco Benedetti alla tuba, Michael Losch al pianoforte, Daniele Patton alla batteria) per una volta hanno messo da parte i vorticosi ritmi klezmer, affrontati solo nel brano di chiusura del concerto, privilegiando un repertorio fatto di grandi classici come "St. Louis Blues" , "Moritat" , "Mood Indigo" .

Il quartetto Esperanto (Luca Falomi alla chitarra, Riccardo Barbera al contrabbasso, Rodolfo Cervetto alla batteria, Fausto Beccalossi alla fisarmonica) ci ha condotto lungo atmosfere di varia estrazione, una sorta appunto di esperanto musicale, caratterizzato da una delicata cantabilità e dall'abbondante uso di tempi dispari che hanno conferito alla musica un andamento danzante.

La mattina successiva abbiamo ritrovato la band, senza Beccalossi, con alcuni standard che hanno accompagnato la presentazione del libro "I Suoni della Vita" di Rodolfo Cervetto. Una raccolta di racconti di fantasia sostenuti da un solido apparato storico, che hanno per tema la musica, il jazz, le biografie dei grandi del passato con le loro difficoltà, le loro emozioni, le loro vite vere e vissute.

Atmosfere free, aria di improvvisazione radicale con il trio formato da Peter Ehwald al sax, Stefan Schultze al pianoforte, Tom Rainey alla batteria). Una formazione con diversi anni di attività sulle spalle, che si sviluppa lungo l'intesa quasi-telepatica del duo Ehwald -Schultze, cui Rainey fornisce spunti divergenti. Dopo un avvio fortemente focalizzato sugli obbligati, i tre hanno lasciato che la musica prendesse più respiro, tra aperture armoniche e intense pulsazioni ritmiche.

Chiusura di festival con il trio Relevé della violinista Anais Drago, con Federico Calcagno ai clarinetti e Max Trabucco alla batteria. Una formazione giovane, entusiasta e coinvolgente, con vaghi echi (sarà la suggestione strumentale?) di Louis Sclavis e Dominique Pifarély, che già nel nome e nei titoli dei brani evoca il movimento e la danza ("Medidance," il dinamismo delle "Forme Uniche della Continuità nello Spazio" di Boccioni), tra pedali movimentati ritmicamente ed un delicato uso dell'elettronica.

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